martedì 21 ottobre 2014

Film 797 - The Giver - Il mondo di Jonas

Molta attesa e curiosità relativa a questo film!

Film 797: "The Giver - Il mondo di Jonas" (2014) di Phillip Noyce
Visto: dal computer di casa
Lingua: italiano
Compagnia: Luigi
Pensieri: Le premesse di "The Giver" sono assolutamente allettanti e la realizzazione parrebbe da buon prodotto commerciale trasposto da un libro di successo. Nel cast anche due premi Oscar, Jeff Bridges e colei che non sbaglia mai Meryl Streep. Mi correggo: quasi mai.
Capisci subito che "The Giver - Il mondo di Jonas" ti ha tradito nel momento in cui cominci a paragonarlo a "Divergent" - non esattamente un capolavoro - sia per quanto riguarda la trama che per quanto concerne la produzione. Le somiglianze non sono poche: dove qui Jonas deve essere smistato all'interno dell'organizzazione sociale della sua comunità, così in "Divergent" Tris doveva fare una scelta relativamente a quale gruppo sociale votare la sua esistenza; qui abbiamo l'iniezione del mattino, nel film con Shailene Woodley si inietta un siero che indicherà la fazione cui le attitudini dei vari ragazzi li avvicina; come in "Divergent", anche qui il personaggio protagonista ripudia il suo nucleo famigliare per fare una scelta che si distacca dalle aspettative della comunità; in entrambe le pellicole l'antagonista è una figura femminile forte, posta al vertice del potere e in grado di influenzare l'esistenza della comunità tutta; per non parlare del fatto che entrambe le storie sono tratte da romanzi, tutti e due scritti da una donna. Potrei continuare, ma mi fermo.
La prima vera scelta (di stile) originale di "The Giver" sta nell'uso del bianco e nero. L'ultima pellicola in ordine di tempo ad usarlo è stata "The Artist", anche se qui lo scopo è totalmente differente. Dove la scelta di Hazanavicius è dettata dall'ambientazione storica, qui si tratta di un modo usato dalla produzione per evidenziare il fatto che la società descritta in questo film ha scelto di cancellarsi la memoria ed eliminare i sentimenti per prevenire violenza e crudeltà. In questo contesto in cui tutto parrebbe perfetto, di fatto si vuole sottolineare il sacrificio che il prezzo della pace impone: un'esistenza insipida, priva di sfumature, già scritta e preconfezionata, nonché standardizzata e votata al bene comune, garantito attraverso l'accentramento del potere ad una casta di anziani saggi.
Le premesse e le implicazioni socio-politico-antropologiche parrebbero molto interessanti, non fosse che la storia decide di concentrarsi su tutto tranne che quello. E' vero, Jonas non è sociologo, politologo, né tantomeno un antropologo, quindi il focus narrativo doveva stare su altro, ciò non toglie che, dopo tante premesse, si sarebbe dovuto far progredire anche questo tipo di considerazioni sullo sfondo delle vicende del protagonista. Quest'ultimo è il prescelto per diventare il nuovo Coglitore di Memoria, unico nella comunità, ruolo che erediterà dal vecchio Coglitore/Jeff Bridges: il Donatore (the Giver).
Anche qui, la scelta di come rendere visivamente, emotivamente, psicologicamente questo ruolo e le sue implicazioni poteva essere resa meglio. Innanzitutto ponendosi l'unica domanda intelligente: se io fossi Jonas, in questa situazione, come reagirei? La trama dribla questo quesito, preferendo concentrarsi su due cose: le immagini da passare sullo schermo quali simboli della conoscenza ed esperienza umana tutta e - deludente - come riportare le immagini dal bianco e nero al colore.
In un mondo di infinite possibilità, scelte, modi di raccontare, la sceneggiatura catalizza l'attenzione su questi soli due aspetti, fallendo nel tentativo di riportare efficacemente lo sconvolgimento di un ragazzino dodicenne che passa da una piatta esistenza composta da un codice di regole, a un prisma di colori e un ventaglio di emozioni mai provate e tutto sperimentato in un sol colpo. Anche volendo riconoscere al ragazzo una propensione naturale al ruolo per cui è stato scelto - ma la storia stessa ci insegna che l'anziano consiglio aveva già fallito con la precedente prescelta per il ruolo di Coglitore (Taylor Swift) -, è comunque impensabile non considerare un approfondimento più realistico e meno bidimensionale della figura di Jonas e, soprattutto, una resa più sfaccettata del rapporto tra lui e il Donatore.
Per rendere il tutto plausibile o appetibile per il pubblico non basta, infatti, affidarsi al solo piano visivo ribadendo la contrapposizione tra vecchia società e nuova - ma anche vita libera e vita controllata, libero arbitrio e controllo della mente - attraverso la contrapposizione tra colore e bianco e nero, come non basta far dire qualcosa al personaggio perché la cosa sia effettivamente percepita. E' inutile che Jonas dica che è sconvolto se innanzitutto non lo sembra e soprattutto il film non si prende un secondo per raccontarlo.
Questi sono i grandi fallimenti di "The Giver", l'ennesima storia fantasy su un futuro prossimo in cui c'è una divisione netta tra come siamo oggi e come saremo nel futuro, ma per la quale abbiamo pagato un prezzo così alto che noi del presente (gli spettatori) ci chiediamo se ne valga veramente la pena. Jonas capirà che non ci si può isolare dal dolore, dalla sofferenza, dall'amore, insomma dalle sfumature della vita perché ci si svuota di un'autenticità che ci rende quelli che siamo, ovvero umani. Svuotarci crea la pace, essere noi stessi ci lascia nella condizione attuale in cui a tutt'oggi siamo. E allora che cosa ci racconta questa pellicola? Cosa ci dice questa storia? Che siamo già perfetti così e che cambiare noi stessi ci darà anche l'ordine e la pace sociale, ma ci imprigiona e rende dei robot. Peccato che non servisse Jonas per rimpolpare questa visione delle cose già vista e rivista. Soprattutto perché, per come ce la racconta, risulta solo l'ennesima litania recitata senza cognizione di causa, un messaggio anche corretto nella forma, ma che ci si è dimenticati di riempire di un significato proprio e personale risultando, quindi, inutili. Peccato.
Box Office: $62.7 milioni
Consigli: Anche l'incasso ci dà il polso della situazione, raccontandoci indirettamente che nonostante le 10 milioni di copie vendute dal romanzo da cui è tratto, la presenza di Meryl Streep per il pubblico adulto quale garanzia di qualità e quella di Taylor Swift per agganciare anche il target giovane, senza contare l'interessante trailer dai toni drammatico-fantasy, il risultato finale è deludente, molto sotto le aspettative. La conclusione è blanda e priva di mordente, la trama manca di un climax che coinvolga l'interesse dello spettatore dall'inizio alla fine e ci si basa sui soli effetti speciali, la bella fotografia e scenografia per far colpo su un'audience che probabilmente è avvezza al genere. Al "genere" cui mi riferisco fanno parte pellicole come "The Host", il già citato "Divergent", "Transcendence", "In Time", "Elysium", "Oblivion", "Ender's Game" e il nuovo "Maze Runner - Il labirinto", esempi di cinema sci-fi in cui il futuro è diverso dall'attuale presente o distopico, la fotografia patinata, l'attore di grido e la trovata narrativa aggancia lo spettatore con la promessa di qualcosa di straordinario, innovativo, mai visto. Non tutti questi titoli sono in grado di mantenere le promesse e questo, in particolare, ha fallito. "The Giver" non è un film malvagio, ma è insipido quanto la filosofia che critica e non riesce a far innamorare lo spettatore di ciò cui sta assistendo. Innoquo per una serat di svago, ma nulla più nonostante le pretese.
Parola chiave: Gabriel.

Trailer

Bengi

1 commento:

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