venerdì 14 giugno 2013

Film 559 - La grande bellezza

La pellicola del momento, capace di far discutere e chiacchierare. Le opinioni che mi sono giunte andavano dall'adorazione al rifiuto totale, passando per una vaga incomprensione del risultato finale.
Nel mio piccolo, non potevo esimermi dal vedere questa nuova ennesima controversa opera del cinema italiano contemporaneo: troppe opinioni a riguardo per non farmene una mia. E poi mi avevano caldamente consigliato di vederlo...

Film 559: "La grande bellezza" (2013) di Paolo Sorrentino
Visto: al cinema
Lingua: italiano
Compagnia: Ale
Pensieri: Il complesso susseguirsi di eventi narrato in questa storia è tale soprattutto per una messa in scena forzatamente non narrativa. Un pezzo dopo l'altro, si fatica a mettere insieme i momenti-sipario che caratterizzano l'insieme - specialmente all'inizio del film, quando ancora tutto è nuovo agli occhi dello spettatore, anche il modo di raccontare la storia - e ci si ritrova spesso storditi in una miriade di input in entrata che faticano ad avere una risposta d'uscita.
L'uscita, questa volta però dalla sala, è accompagnata da un momento di vuoto d'opinione e smarrimento in cui sono più le domande ronzanti in testa che le risposte. Il mio personale primo quesito è stato: chi è veramente Jep Gambardella? Un genio del male o un miserabile, schiacciato dalle sue stesse scelte di vita? Insomma... ci è o ci fa?
E poi ancora: qual è il significato rivestito da certi personaggi di contorno (per esempio il vicino di casa che si affaccia sempre al balcone, muto e una volta appare in compagnia di una donna e un altro soggetto - di evidenti differenti estrazioni sociali - che finiscono per baciarsi mentre il vicino resta impalato a fissare il vuoto come suo solito)? Cosa sottintendono i fenicotteri alla fine del film? Ramona, che nella sua ultima apparizione sembra essere morta ma poi si risveglia, è veramente viva come sembra o in realtà è una specie di momento onirico in cui Jep percepisce la sua presenza (lei vede il mare nel soffitto, lui non lo vede più... O siamo solo noi spettatori a non vederlo più?)?
Consapevole del copioso momento-spoiler (anche se mi sono francamente limitato), allargo il campo alla più generica domanda: ma "La grande bellezza" che film è?
Non ho risposta a questa domanda, nel senso che non si può prescindere dall'opinione personale e quindi ho solo la mia visione di quest'ultima fatica di Sorrentino: ho apprezzato la pellicola, ma ammetto che la messa in scena è spiazzante. Certamente diverso da tutto il cinema italiano contemporaneo (che ho visto), questo è più un prodotto figlio di altri tempi (molti passaggi mi hanno ricordato Fellini e Pasolini) ai cui meccanismi non siamo (più) abituati. Solitamente facilitati da intrecci lineari o banali favolette, la sfacciata irregolarità di questo racconto diventa, per il pubblico a cui piace, valore aggiunto e motivo di plauso per un estro creativo che al giorno d'oggi è più miraggio che realtà. D'altro canto, chi non apprezza, troverà il tutto molto fastidioso e quasi sfrontato.
La ricerca di una prospettiva che non sia la classica inquadratura è oggettivamente un pregio e l'impressione che ho avuto, nel complesso, è di un film in 'costante movimento'. Le numerose carrellate col dolly danno l'impressione di essere sempre a rincorrere qualcosa che sfugge, che siano i personaggi, che sia il senso intimo del film. La movimentata Roma delle feste che annaspa nella solitudine e nella frustrante incapacità di realizzarsi - troppo pigra o sfortunata - si ritrova poi a tenersi compagnia nelle serate tra amici, dove la falsa e ipocrita immagine di sé stessi viene denudata e derisa, ma mette bene in luce quanto di questi tempi la coerenza e la trasparenza siano più bei concetti che veri e propri doveri morali. E allora cosa resta? Cosa salva tutto (e tutti)? Per Jep è la ricerca, appunto, della grande bellezza. Proprio lui che ha speso la propria vita a diventare uomo mondano capace non solo di vivere 'la festa', ma anche di decretarne la distruzione e poco si direbbe intenzionato a ricercare una bellezza che vada oltre il fugace momento di una serata.
Il personaggio interpretato da Toni Servillo è magnetico protagonista e filtro di una serie di improbabili situazioni, dal rito del botox "da salotto" al tour notturno della Capitale grazie al misterioso uomo che custodisce tutte le chiavi che contano, dalla suora centenaria a cui è affidata una delle battute che rimane più impresse ("Sai perchè mangio solo radici? Perché le radici sono importanti"), all'Isabella Ferrari più vuota di sempre ("Che lavoro fai?", "Io sono ricca"), ma anche momenti di quotidiana umanità in cui il ricordo del primo grande amore inebria nostalgico la mente di Jep.
E' tutto un mosaico che se ami funziona e ammalia e fornisce un amaro spaccato della società contemporanea che non risparmia nessuno: il non accettare la propria età (la maggior parte delle persone presenti ai party ha certamente superato gli 'anta'), il vendere un'immagine falsa di sé stessi (la performer all'inizio del film), il tedio di una vita fatta di superficie, lo squallore che diventa il quotidiano (Ramona/Sabrina Ferilli che fa la spogliarellista nel locale del padre), l'egoismo sconfinato (i genitori che sfruttano la 'bambina artista' che sfoga tutta la sua rabbia e la frustrazione della sua condizione contro una tela), passando per una non certo leggera critica al mondo ecclesiastico (qui più interessato agli aspetti molto terreni piuttosto che alla fede e all'aiuto spirituale). Un insieme talvolta impietoso che mette tristezza, accompagnato però da una cornice bellissima che è Roma in un affascinante mood decadente (l'anziana aristocrazia che gioca a carte negli enormi palazzi vuoti fa sorridere, ma poi realizzi...).
Insomma, preso con il necessario spirito di penitenza "La grande bellezza" è un film che lascia innumerevoli spunti su cui riflettere ed è spesso capace di sprigionare un magnetismo anche dovuto a suoi certi passaggi indecifrabili. Carlo Verdone è un grande perdente e Sabrina Ferilli ha la giusta dose di coattagine locale che rappresenta con cognizione di causa. Servillo indossa la maschera del suo Jep come una seconda pelle e, fatta eccezione per il faticoso accento che solo ogni tanto sfoggia fastidiosamente, suscita una certa benevolenza, quasi affetto. Un po' come quello che ha per lui la sua domestica.
Poetico l'intro della pellicola, con coro femminile a tracciare quello che sarà il tema musicale della pellicola e che accompagna il primo momento significativo del film: il turista giapponese osserva il panorama e viene colto da un malore. Come Napoli, vedi Roma e poi muori.

Consigli: Dopo "This Must Be the Place" un'altra opera di grande richiamo per Sorrentino che, piaccia o no, è uno dei pochi italiani capaci di dare un'impronta alle sue storie. Questo "La grande bellezza" è certamente controverso e non facile e richiede costante attenzione per 142 minuti filati quasi mai semplici o distensivi. Interessante il ruolo della Ferilli che spezza un po' lo snobbismo generale; fantastica la scena in cui Jep smonta, uno dopo l'altro, i pilastri di moralità e senso civico dell'amica Stefania, autocelebrato baluardo di impegno sociale e famiglia. Dadina, la caporedattrice nana, è un personaggio bello e autoironico, mentre non mancano i cameo di volti più o meno noti: da Serena Grandi tiratrice di coca ad Antonello Venditti vicino di tavolo, passando per Giorgio Pasotti e perfino una biondissima Fanny Ardant.
Certamente da vedere, è il film italiano del 2013.
Ps. 5.267.312€ di incasso in Italia.
Parola chiave: L'apparato umano.

Trailer

Bengi

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